La Corte Suprema limita i poteri dei giudici inferiori: Trump rafforza il controllo esecutivo
La Corte Suprema degli Stati Uniti ha reso pubblica una sentenza che limita il potere dei giudici dei tribunali inferiori di bloccare gli ordini esecutivi del presidente Donald Trump, in particolare quelli riguardanti l’abolizione della cittadinanza per nascita (“ius soli”). La decisione, emessa in un caso che ha visto un voto diviso 6-3, ha suscitato dibattito su come il sistema giudiziario statunitense possa equilibrare il potere esecutivo e la separazione dei poteri.
Una sentenza che modifica il ruolo dei tribunali federali
La Corte ha stabilito che i giudici dei tribunali inferiori non possono utilizzare ingiunzioni di ampia portata per sospendere le decisioni del presidente, anche se queste potrebbero essere considerate illegali. La sentenza, contenuta in 119 pagine, ha sottolineato che i tribunali federali non esercitano una supervisione generale sul potere esecutivo, ma risolvono casi specifici in base all’autorità conferita dal Congresso.
“Alcuni sostengono che l’ingiunzione universale fornisca alla magistratura un potente strumento per controllare il potere esecutivo ma i tribunali federali non esercitano una supervisione generale sul potere esecutivo; risolvono casi e controversie in conformità con l’autorità del Congresso ha loro conferito. Quando un tribunola conclude che il potere esecutivo ha agito illecitamente, la risposta non è che il tribunale debba a sua volta eccedere i suoi”, ha scritto Amy Comey Barrett, tra i giudici che hanno sostenuto la decisione.
Il dibattito su una riforma costituzionale
L’ordinanza di Trump, che mira a porre fine alla cittadinanza per nascita, è stata oggetto di un processo legale che ha visto la Corte Suprema non pronunciarsi immediatamente sulla sua costituzionalità. Il XIV emendamento della Costituzione, che garantisce la cittadinanza per nascita, è stato al centro del contendere, ma i giudici hanno ritenuto che il dibattito sull’effettiva applicazione dell’ordine esecutivo non fosse ancora maturato.
- Punto chiave 1: La sentenza ha limitato i poteri dei tribunali inferiori di sospendere gli ordini esecutivi del presidente.
- Punto chiave 2: La decisione è emersa da un processo legale sull’abolizione dello ius soli, con un voto diviso 6-3.
- Punto chiave 3: La Corte ha sottolineato che i tribunali non possono esercitare una supervisione generale sul potere esecutivo.
La posizione di Sonia Sotomayor: un monito per il sistema giudiziario
La giudice Sonia Sotomayor, tra i tre giudici liberali contrari alla decisione, ha espresso un dissenso rilevante. Ha affermato che la sentenza “abdica al ruolo vitale della Corte Suprema nel proteggere lo stato di diritto”.
“Lo stato di diritto non è scontato in questo paese, né in altri. È un precetto della nostra democrazia che durerà solo se coloro che, in ogni ambito, saranno abbastanza coraggiosi, lotteranno per la sua sopravvivenza. Oggi la corte abdica al suo ruolo vitale in questo sforzo”, ha scritto Sotomayor nella sua motivazione.
Implicazioni per il potere esecutivo
La decisione potrebbe ampliare il potere del presidente a spese del sistema giudiziario, permettendogli di agire con maggiore autonomia. Tuttavia, il dibattito rimane aperto: il Congresso potrebbe intervenire per limitare ulteriormente il potere esecutivo, ma nel frattempo la Corte Suprema ha rafforzato la posizione del presidente.
La sentenza, che ha suscitato reazioni contrastanti tra i giudici, segna un ulteriore spostamento del equilibrio di potere tra i rami dello Stato, con conseguenze che potrebbero estendersi ben al di là del tema dell’ius soli.