Gabriele Mainetti Riflette sul Successo di "Jeeg Robot" e Guarda al Futuro
Il regista romano Gabriele Mainetti, noto per il successo di "Lo chiamavano Jeeg Robot", si interroga sul proprio percorso artistico, tra sindrome dell'impostore e nuove sfide cinematografiche. Attualmente impegnato come presidente di giuria al Trieste Science + Fiction, Mainetti condivide le sue riflessioni sul cinema di genere e sui progetti futuri.
Gli Inizi e la "Sindrome dell'Impostore"
Gabriele Mainetti, classe 1976, ripercorre gli inizi della sua carriera, segnati dalla passione per la sceneggiatura e dalla difficoltà di comunicare le proprie aspirazioni al padre. Dopo aver frequentato Scienze Politiche per compiacerlo, Mainetti si iscrisse a Lettere indirizzo spettacolo, una scelta che lo ha portato a mettersi in discussione e ad esporsi al giudizio del pubblico.
Il successo travolgente di "Lo chiamavano Jeeg Robot", uscito 10 anni fa, lo ha colto impreparato.
«Quando è arrivato quel successo incredibile, mi sono sentito destabilizzato, ho trovato un’eccessiva indulgenza. Mi sembrava che ci fosse perfino troppo entusiasmo, ho sofferto di sindrome dell’impostore».
Rapporto con gli Attori e la Critica
Mainetti sottolinea il legame speciale che lo lega agli attori con cui ha lavorato, in particolare Claudio Santamaria, definito il suo "attore feticcio".
«Se potessi scegliere farei tutti i film con Claudio, è il mio attore feticcio, è incredibile, bello, ma non di quella bellezza scontata e banale, ha una voce stupenda e tecnicamente è eccelso, può fare qualunque accento, meglio di lui non avrei potuto avere».
Il regista riflette anche sul rapporto con la critica, diventata "molto esigente" dopo il successo di "Jeeg Robot". Mainetti ammette di aver sentito il peso delle aspettative, soprattutto in occasione dell'uscita del suo successivo film, "Freaks Out".
«Si, credo che ci sia stata un’eccessiva severità. All’estero non è andata così, ho vinto tanti premi…Forse Freaks out ha più imperfezioni di Jeeg Robot, ma è anche vero che è più complicato. È stato un film sfortunato, è uscito ai tempi del Covid, magari, in un altro periodo, avrebbe avuto un destino più felice».
Influenze e Progetti Futuri
Mainetti cita Luca Guadagnino come un maestro, sottolineando l'importanza della visione nel lavoro di un regista. Ricorda come Guadagnino insistesse sul fatto che senza una visione chiara, un regista non potrà mai essere interessante.
Attualmente, Mainetti è al lavoro sul suo prossimo film, scritto con Stefano Bises e Davide Serino, gli stessi autori de "La Città proibita". Il progetto è descritto come "ambizioso", ma il regista preferisce non svelare ulteriori dettagli. Esprime inoltre il desiderio di avere più tempo per dedicarsi alla realizzazione dei suoi film, che richiedono un notevole impegno.
«Più tempo per fare più film, invece il tempo è sempre meno, i miei film ne richiedono tanto per essere realizzati, e questo mi fa incaz… Non capisco perché, ogni volta devo patire l’inferno. Comincio a chiedermi, alla fine quanti altri film potrò fare?».
Mainetti si dichiara poco interessato alle serie televisive, ad eccezione delle miniserie, preferendo concentrarsi sul cinema.
Fantascienza e Rapporto con il Tempo
In qualità di presidente di giuria al Trieste Science + Fiction, Mainetti esprime il suo interesse per il cinema di genere, in particolare per la fantascienza, che considera capace di "trasfigurare la realtà in una forma assurda, ma proprio per questo in contatto con la parte inconscia dell’essere umano".
Infine, confessa di non vivere felicemente il passare del tempo, sentendosi ancora un ragazzino nonostante l'età.
«Non felicissimo. Ho imparato da mia madre a “rosicare”, anche perché, nonostante il pelo bianco e le rughe, continuo a sentirmi un ragazzino, mi compro i miei fumetti, proteggo il mio bambino interiore, ma, di fatto, ho 48 anni, e questa cosa la sento…».
Conclusione
Gabriele Mainetti continua a esplorare nuovi orizzonti cinematografici, portando avanti la sua visione autoriale e confrontandosi con le sfide del mondo dello spettacolo. Il suo percorso, segnato dal successo e dalla riflessione critica, testimonia la passione e l'impegno di un regista che ha saputo conquistare il pubblico e la critica.