La batteria di Amir Dall’Iran: un viaggio di musica e resistenza
La battaglia per un sogno in un mondo di ostacoli
Amir Askarinezhad, un ragazzo iraniano di 33 anni, ha realizzato un sogno che sembrava impossibile: studiare musica in Italia e suonare in una big band. La sua storia, però, non è solo un atto di determinazione personale. È un esempio della resistenza di un giovane che, pur affrontando persecuzioni e sfide estreme, ha trovato un modo per esprimere la sua passione per la musica.
Nato nel Sud dell’Iran, Amir ha sempre sognato di suonare la batteria, ispirandosi a grandi nomi come Max Roach e John Bonham. Tuttavia, il suo cammino è stato interrotto da un ambiente che lo ha visto ostacolato: la polizia morale iraniana lo ha pedinato, la sua batteria è stata distrutta, e lui è stato picchiato. «Ho capito allora che dovevo fuggire», ricorda Amir, raccontando la sua decisione di abbandonare il Paese.
L’escape fu un viaggio lungo e pericoloso: passò attraverso la Turchia, dove fu bendato e abbandonato per due giorni in un bosco, e poi salì su un barcone con cinquanta persone, pagando 7.500 euro ai trafficanti per raggiungere la costa di Santa Maria di Leuca in Puglia. Da allora, vive a Lecce, dove ha completato il terzo anno del Conservatorio «Tito Schipa».
Un supporto che ha cambiato la sua vita
Il successo di Amir non è stato solo frutto della sua determinazione. Un ruolo fondamentale ha giocato Enzo Lanzo, un batterista e docente del Conservatorio di Lecce. «Non era tanto la tecnica ad avermi colpito, ma quel suo interpretare la batteria come strumento di libertà», racconta Lanzo, che ha creduto in Amir fin dall’inizio.
Lanzo, 35 anni più grande di Amir, è un punto di riferimento non solo per la sua professione, ma anche per il suo impegno nel supportare chi ha bisogno. «La mia storia è questa qui: non riesco a guardare le cose del mondo in modo diverso. Se posso dare una mano, io ci sono. E la storia di Amir, vista la sua forte autodeterminazione, mi ha coinvolto», sottolinea.
Tra jazz e tradizione: un futuro di ponti culturali
Oggi, Amir è parte di una big band del Conservatorio, esibendosi al Teatro Apollo e al Castello Carlo V di Lecce. Ma il suo obiettivo non si ferma qui. Spera di combinare la musica folk iraniana con il jazz, creando un ponte culturale tra due mondi. «Recentemente, sono tornato sulla stessa costa dove sono approdato col barcone. Ho pensato a quanta strada ho fatto da allora. E poi, ho pensato al mio Paese, al mio altro Sud, così ricco di valori familiari e di cultura, in grado di unire i popoli creando ponti immaginari», dice.
Questo sogno di unire il jazz con la tradizione iraniana rappresenta non solo un atto artistico, ma anche una forma di resistenza. Per Amir, la musica è un modo per esprimere se stesso e per raccontare una storia che non è solo sua, ma di interi popoli che cercano di trovare un’identità in un mondo complesso.
Un’esperienza che lascia un segno
La storia di Amir è un esempio di come la musica possa superare barriere. Dalla persecuzione in Iran alla realizzazione del sogno in Italia, il suo percorso è stato segnato da sfide, ma anche da opportunità. L’arrivo in un Paese dove la sua passione è stata riconosciuta e supportata ha permesso non solo a lui, ma anche a chi lo ha ascoltato, di vedere il potere della musica come strumento di liberazione.
Oggi, Amir continua a suonare, sperando di trasmettere alle nuove generazioni il messaggio che la musica non è solo arte, ma anche una forma di resistenza e connessione. E come lui, altri stanno trovando il loro posto nel mondo, grazie a un’arte che unisce, anche attraverso la differenza.